lunedì 1 marzo 2010

LA SINDROME DI STOCCOLMA

Giacché siamo a inizio mese tanto  per cominciare ecco un argomento leggero, la sindrome di Stoccolma.
E' questa una condizione psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro può manifestare sentimenti positivi (in alcuni casi anche fino all'innamoramento) nei confronti del proprio rapitore.
Talvolta è citata anche con riferimento ad altre situazioni simili, quali le violenze sulle, donne o gli abusi sui minori e tra i sopravvissuti dei campi di concentramento.
Nella terminologia dei meccanismi di difesa secondo Anna Freud, coincide con l'identificazione con l'aggressore.

Nella  filmografia esistono svariati riferimenti a questo malessere dello spirito, uno degli esempi più riusciti, certamente, è quello raccontato nel film "Il Portiere di Notte".
Non voglio però illustrare la trama di quest'ottimo film, né tanto meno discuterne, ma riflettere se sia poi così remota la possibilità di subirne gli effetti, anche se non agli estremi della definizione, nella nostra comune vita e se i carnefici alle volte si sia proprio noi stessi.
Secondo il mio modesto parere la risposta a questo quesito è "SI", il carattere di ognuno di noi, come sappiamo, si plasma prevalentemente negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, anni in cui siamo molto ricettivi e dove la fonte prima del nostro apprendimento alla vita viene dalla famiglia.
Una parola detta in un certo modo, un semplice rimprovero o un apprezzamento negato possono cambiare radicalmente la percezione che si ha di se stessi, a volte certi ostacoli possono essere superati in altri casi, quando le situazioni destabilizzanti si ripetono e non si ha la fortuna di avere nessuno che faccia da parafulmine o che cerchi di spiegare semplicemente il perché e il per come certe cose possono accadere indipendentemente da noi, in questi momenti si creano nella personalità delle interruzioni, per fare un esempio possiamo immaginare la personalità umana come la catena del DNA, dove ogni gene si occupa di una specifica operazione e se in un punto la catena è spezzata, allora quel gene non sarà più in grado né di portare a buon fine il suo compito, né di dialogare correttamente col successivo, così nascono le alterazioni genetiche che possono poi sfociare in patologie più o meno gravi.
Alle volte certe alterazioni della personalità si comportano come un trojan, ossia rimangono residenti nel nostro subconscio per anni prima di affiorare in superficie, ma una volta riemersi è facile rimanerne schiacciati.
Per amore verso una persona o per un senso di dovere eccessivo alle volte arriviamo ad annullare i nostri desideri, le nostre necessità e anche se ciò fa stare male non siamo in grado di sottrarci, anzi più stiamo male è più insistiamo nella stessa direzione perché il non assecondare la stessa, farebbe ancor più male.
Ecco dunque, come ipotizzavo all'inizio, che i veri carnefici diventiamo noi stessi e siamo proprio noi che tiriamo i fili delle nostre mosse, noi che ci giudichiamo ferocemente, noi che non siamo mai contenti di come affrontiamo i problemi, noi che seppur ricchi ci consideriamo poveri.
Alcune volte in un piccolo angolo remoto del nostro "IO" troviamo un pallido bagliore di luce in grado di regalare la forza di spezzare certe catene, ma la vita a volte, bisogna ammetterlo, sa essere cinica e beffarda tanto da proporre sempre mille trabocchetti sul nostro cammino e ricadere nel circolo vizioso non è  poi tanto difficile.
Bisogna essere capaci di rialzarsi sempre, sapendo che certi stati d'animo ci accompagneranno per il corso della nostra esistenza, accettarli e conviverci nella maniera più serena possibile anche se questo vuol dire camminare sempre ai bordi del filo senza mai superarli.     

3 commenti:

  1. sì è come dici tu sopratutto all'inizio dell'ultimo capoverso "bisogna essere capaci di rialzarsi sempre ..."

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  2. ...sempre sull'orlo di un equilibrio sottilissimo, pronto a spezzarsi al minimo soffio di vento. L'equilibrio con se stessi, il bilanciamento fra paure e forza d'animo, è una delle mete a parer mio più difficili da raggiungere, così tempestati come siamo da mille quotidianità più o meno gravi. Penso alle malattie, al risvegliarsi sapendo di stare ancora male o che qualcuno che amiamo stia male. Penso ai problemi economici di chi ha famiglia ma non i soldi per mantanerla. A chi è solo, a chi ha i famigliari lontani, a chi ha perso qualcuno, a chi ha un figlio in guerra, a chi è oppresso, a chi ha paura anche solo di parlare...ma come si fa a trovare un equilibrio?
    Eppure c'è chi ci riesce. C'e' chi riesce ad avere un sorriso per tutti anche se è preoccupato. Chi è realmente felice per la felicità altrui anche se a lui/lei è negata. Chi riesce a dare una mano al prossimo anche se magari ne ha una sola. Sono quesi per me i veri eroi...e anche se potenzialmente sono pochi sono cosciente di essere così fortunata da conoscerne alcuni. E sono queste le persone che mi fanno sperare che il mondo possa andare avanti. Certe volte dovrei prendere MOLTO più esempio e smetterla di piangermi addosso per solenni boiate.
    Capaci di rialzarsi, SEMPRE!!!!

    p.s. leggi la poesia di Henley nel mio commento a Invictus...cade a fagiolo!

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  3. Dici niente... in assoluto è la cosa più difficile da trovare, spesso ci lasciamo schiacciare e altrettanto spesso sono veramente piccole cose, ma ritengo comunque un grande traguardo riuscire ad affrontare tutto anche quello che sembra un problema gravissimo e magari non lo è, del resto è la percezione che ne abbiamo noi che purtroppo conta e per poter dare qualcosa al prossimo dobbiamo per forza di cose essere in pace con noi stessi, il che non significa sprizzare gioia da tutti i pori.
    Alle volte il piangersi addosso può essere una sorta di protezione, come dire ok io so che devo affrontare il problema e lo affronterò, però se non lo supero non me ne faccio una colpa.
    Complicato questo ragionamento eppure così trovo la carica giusta per andare avanti, devo sentire che sto raschiando il fondo per poter risalire.
    Un giorno forse arriverò a non dover usare l'autolesionismo e ad affrontare subito le cose di petto con un pizzico di sano ottimismo, ma per adesso mi accontento di questa contorta metodologia, del resto è importante tagliare il traguardo anche se sbagli strada e ci metti il doppio del tempo e delle energie.

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